Industria 4.0-2 ▹ Intelligenza artificiale e 5G, una combinazione che sposta in avanti la frontiera industriale

Quando si parla delle prossime reti wireless, spesso si menziona solo la velocità per download, gaming o realtà virtuale (VR), ma il 5G è diverso. Sì, la bassa latenza permetterà di suonare come fossero un’unica orchestra musicisti da continenti diversi, ma la grande rivoluzione del 5G – e non uso mai con leggerezza la parola rivoluzione – sta nel come trasformerà la produzione: in maniera fondamentale e diffusa e dando una spinta qualitativa e quantitativa alla “rete delle cose”, l’Internet of Things (IoT). A New York, al margine dell’evento Techonomy, ho approfondito il tema con il Cto Erik Ekudden, la mente globale della tecnologia di Ericsson, un’azienda mondiale che in Italia letteralmente fa reti  da cento anni. Ecco la 2a parte dell’intervista.

Parliamo d’intelligenza artificiale e machine learning nelle reti 5G: quanto determina il livello di avanzamento di un paese in un campo l’adozione dell’altro?

Penso che vadano di pari passo. Stiamo applicando le tecnologie d’intelligenza artificiale (Ai) e di machine learning (Ml) nelle reti per aumentare l’efficienza delle operazioni. Al Mobile World Congress 2018 e altrove abbiamo mostrato che utilizzando l’Ai si può automatizzare drasticamente la gestione della parte operativa delle infrastrutture di rete. Abbiamo mostrato le nostre stazioni base e core network [la parte di una rete che collega le sotto-reti e quelle di accesso che servono gli utenti, ndr] che grazie al Ml hanno prestazioni molto più elevate nell’elaborazione dei dati [delle reti].

Penso che la 5° generazione del wireless sarà avvantaggiata da tutto ciò. Ci saranno più reti a funzionamento autonomo o auto-ottimizzanti, e questo vuol dire un grande miglioramento per l’esperienza dell’utente, la flessibilità, l’efficienza e i costi. Il 5G sarà la piattaforma più moderna e più gestita dall’Ai in ogni paese, ogni settore produttivo e per i consumatori tutti. Da questo punto di vista, l’Ai e il 5G saranno elementi-trampolino per altri settori: parliamo delle infrastrutture più efficienti e più capaci disponibili.

D’altra parte, le stesse tecnologie Ai che le imprese metteranno in campo digitalizzandosi e automatizzandosi utilizzeranno l’infrastruttura 5G per evolvere ulteriormente, per es., con l’edge computing o il cloud distribuito [utilizzi ottimali del cloud, ndr] o spostando certi processi dell’Ai, come la raccolta dati dai sensori, dal cloud e fin giù alle stazioni di base. I settori dell’Ai e i settori che si digitalizzeranno e si automatizzeranno trarranno molti vantaggi dall’avere un’infrastruttura 5G con edge computing, perché la loro automazione industriale avrà prestazioni superiori. La combinazione lavorerà dunque in entrambe le direzioni.

Sono convinto che un sistema 5G globale favorirà una tale automazione in tutto il mondo – e presto – in molti settori, grazie anche all’utilizzo di tecnologie Ai. Se il 5G con Ai arriverà prima, quei settori potrebbero avere un vantaggio perché, invece di costruire la propria infrastruttura, potranno “far girare” le loro applicazioni industriali sulla rete 5G.

Le reti tra le macchine, quelle per scopi critici, quale difesa, sicurezza o medicina, e quelle per il collegamento massivo tra oggetti procedono di pari passo?

Stiamo esplorando molti casi d’uso avanzati che mostrano come possiamo digitalizzare intere fabbriche e produrre in modo intelligente grazie alla bassa latenza del 5G, compresa la banda alta che è ad alta sicurezza e affidabilità, e il tutto con istallazioni flessibili in nuovi siti. Ma ciò che è altrettanto importante è che questa tecnologia ha un ampio raggio d’azione e portata globale, e quindi l’IoT che collega sensori, flotte e cose per il tracciamento e la tracciabilità è già una realtà. La strada la stanno aprendo le tecnologie per le reti, tra cui la virtualizzazione, l’efficientamento e la possibilità di suddividere e quindi sfruttare meglio le reti core (network slicing), cos¡ come le reti LTE M e a banda stretta. Ericsson ha circa il 50% del mercato mondiale dei prodotti e dell’implementazione dell’IoT massivo, e dunque ne siamo alla guida, oltre a testare nuovi casi d’uso in continuazione.

È complicato passare dai vecchi sensori delle tradizionali reti machine to machine (M2M) all’IoT? Penso alle grandi reti radio di sensori in grandi impianti industriali o nei trasporti, come le ferrovie…

Il grande vantaggio è che, innanzitutto, abbiamo una tecnologia scalabile globalmente, a differenza delle tecnologie M2M tradizionali o a corto raggio che erano tutte locali. Quando parliamo di IoT, per prima cosa è necessario l’accesso globale che si ottiene con l’LTE a banda stretta, con la Categoria M e, nei casi d’uso IoT più avanzati, con il 5G NR, [NR, New Radio, la nuova interfaccia per il tratto “aria” cellulare-stazione di base, ndr] ma occorre anche una rete core virtualizzata ad alta efficienza che un elemento di base dell’IoT. Combinando tutto ciò si ottiene una piattaforma di rete IoT che è diversa da quella M2M, è globale e consente la gestione della connettività, dei dispositivi e della sicurezza lungo tutta la rete.

In questo quadro, come vanno viste le frequenze dello spettro, sulle quali le varie regioni del mondo spingono in maniera disomogenea?

Il 5G porta molti vantaggi, uno dei quali è la maggiore capacità, la quale, a sua volta, richiede delle larghezze di banda più ampie che si ottengono naturalmente nelle bande ad alta frequenza. Quindi, andando avanti, il 5G richiederà frequenze sia nelle bande alte, le cosiddette onde millimetriche o le bande 28, 37 e 39 GHz, sia nella gamma media, quelle inferiori ai 6 GHz che offrono una copertura migliore anche all’interno degli edifici. Sarà importante che anche le bande basse sotto i 2 GHz possano essere adeguate al 5G. Ericsson ha prodotti per tutte queste frequenze.

Come affrontate il tema critico della sicurezza, penso soprattutto alle reti per operazioni critiche quali la difesa o la medicina? Qual è l’elemento chiave da tenere in considerazione?

La sicurezza, come sappiamo dal 3G, 4G, IoT e ora dal 5G, dev’essere integrata nel design delle reti, nella progettazione, e una volta standardizzata, s’implementa. Non è possibile aggiungerla in seguito, come si è fatto in genere nei sistemi M2M e IoT classici. La sicurezza è parte integrante del 5G. In aggiunta, lo standard richiede protocolli di sicurezza, meccanismi di autenticazione e così via. Con l’Ericsson Security Manager, tra le altre soluzioni, forniamo un’ulteriore sicurezza che consente di tenere traccia della sicurezza, delle policy e della privacy in maniera completa e lungo tutta un’infrastruttura, dai dispositivi, ai nodi e al cloud, sia che essa serva operazioni critiche o IoT massiccio.

Gli operatori investono e premono per il 5G, ma gli altri stakeholder? Ci sono degli interlocutori più difficili?

Non proprio. Siamo stati fortunati a collaborare nei progetti pilota del settore da molti anni, da quando abbiamo lanciato il “5G per l’Europa”, per gli Usa, per l’Asia, per l’Italia, ecc. In tutti questi pilota, e ne abbiamo realizzati tanti, le industrie e le imprese si sono rivolti a noi per capire come sfruttare al meglio l’infrastruttura 5G. Con loro ci sono ancora dei passi da fare riguardo ai nuovi modelli di business, che richiedono nuovi accordi perché offrono performance più elevate. Per 30 anni ci siamo concentrati sui consumatori, ora l’attenzione si è spostata sulle imprese mentre affrontano il processo di digitalizzazione.

Dal punto di vista normativo, con i governi, ritengo che ci sia ancora molto lavoro da fare affinché si sostenga il 5G in come una questione d’interesse nazionale, perché è un’infrastruttura in grado di spianare la strada alla digitalizzazione del settore pubblico, delle imprese e dei consumatori. Pertanto mi piacerebbe vedere più interventi da parte dei governi a livello nazionale a sostegno della disponibilità dello spettro, della copertura della banda larga mobile.

E gli investimenti necessari…
E gli investimenti e i livelli d’investimento necessari, che dipendono molto da clima per gli investimenti che c’è in ciascun paese.