È nel Roi che gli imprenditori industriali vedranno il significativo impatto che gli Amr, i robot mobili autonomi, possono avere sulla produttività e sulla sicurezza in ogni operazione industriale. La maggior parte dei produttori di robot autonomi si concentra su soluzioni per il magazzino. Otto Motors, la divisione industriale del leader della robotica autonoma Clearpath Robotics, si concentra invece sulla logistica della produzione. Entrambe le divisioni ora fanno capo al segmento operativo Intelligent Devices di Rockwell Automation da quando la dominante compagnia dell’automazione e della trasformazione digitale ha completato l’acquisizione. All’Automation Fair, l’importante evento mondiale sull’automazione lo scorso novembre a Boston, la stampa ha avuto l’opportunità di incontrare i fondatori, il ceo Matt Rendall e il cto Ryan Gariepy.
Otto Motors opera laddove le flotte di Amr richiedono una profonda integrazione nell’ambiente di fabbrica. Dal punto di vista dei sistemi con cui si integrano e che permettono salto nell’automazione di una attività industriale, quello Rockwell è la piattaforma Plex, che ha appena valso all’azienda il titolo di Company of the Year 2024 for Smart Manufacturing*. Plex connette persone, sistemi, macchine e catene della fornitura per superare i silos. Automatizza, tiene traccia dei dati, offre visualizzazione e analisi del data dal plant al livello manageriale per un migliore processo decisionale.
Con sede in Ontario, Canada, il leader riconosciuto della robotica autonoma, Clearpath Robotics Inc., è stata fondato “per individuare ed eliminare le mine antiuomo, un’importante sfida umanitaria e militare”, racconta il ceo Rendall. “Da qui deriva il nome. Eravamo appena laureati, ma il 2008 non era l’anno ideale per una start-up a uso intensivo di capitale, quindi ci siamo dedicati intensamente alla ricerca e sviluppo”, continua Randall. Lavorando a stretto contatto con università e aziende in ogni settore, Clearpath è cresciuta fino a diventare leader di mercato nel segmento dell’innovazione di nuovi piccoli robot autonomi. “La robotica ha l’incredibile potenziale di aprire la strada ad altra tecnologia, quindi ogni settore che investa in nuove tecnologie trarrà vantaggio dalla robotica. Questa sorta di sfera di cristallo ci ha portato a identificare il segmento della movimentazione autonoma dei materiali già nel 2013, molto prima di chiunque altro. Ci siamo convinti che questo segmento sarebbe diventato molto grande e così abbiamo creato una unità business per l’automotive“.
L’azienda di consulenza e ricerche di mercato Arc Advisory Group lo dà come un mercato in rapida crescita, grazie anche alla flessibilità della soluzione. Lo stesso fa EY Americas Strategy and Transactions in Advanced Manufacturing, che vede inoltre Rockwell come leader nei critici segmenti hardware, software e servizi necessari per integrare gli Amr in uno stabilimento di
produzione. Interact Analysis prevede che il mercato degli Amr nel manifatturiero crescerà di un 30% annuo per raggiungere entro il 2027 6,2 miliardi di dollari.
Gli Amr collegano le isole dell’automazione trasformando la difficile e critica funzione della movimentazione dei materiali in tutto l’impianto produttivo con una soluzione logistica completa. “La logistica nella produzione è fondamentale per ottimizzare l’intero stabilimento e avviare la Impresa Connessa“, puntualizza Blake Moret, presidente e ceo di Rockwell Automation. “È un’acquisizione che segna un punto di svolta per i nostri clienti in tutto il mondo”. Rockwell ha clienti in oltre 100 nazioni.
“Se c’è un ambito in cui siamo felici di esserci, è proprio questo”, dice Gariepy alla stampa. “Nel mercato dei robot autonomi ci sono molti attori, ma il nostro segmento è differente perché noi serviamo il plant, loro principalmente il magazzino”.
Otto ha stabilito molto presto che quell’ambiente richiedeva molto di molto più di una semplice applicazione buona per tutti. Questo perché nel mondo della produzione, ogni attività, anche spostare materiali dal punto A al punto B o dallo stabilimento A allo stabilimento B, è molto difficile da definire in termini di tempo. “Abbiamo un grande cliente che sposta pneumatici da uno stabilimento all’altro: qui occorreva adottare un approccio molto diverso. Il tipo di azienda, i numerosi system integrator della sua rete specializzati in quel settore specifico determinano la prima differenziazione nella nostra attività.
La successiva e chiara differenziazione è che Otto si concentra su grandi operazioni con flotte di 100 o 200 veicoli autonomi nella rete. Ciò porta al terzo elemento di differenziazione: Otto opera nella fascia alta dei clienti. Toyota, per esempio, produce un’automobile al minuto. Dieci minuti di inattività vuol dire perdere dieci auto.
“Gestiamo le flotte più grandi con la più profonda integrazione nell’ambiente della fabbrica nella fascia clienti più alta possibile, perché è qui che vediamo le maggiori opportunità. A questo segmento la nostra ricerca e soluzioni”, dice Gariepy.
In uno stabilimento ci sono normalmente già percorsi stabiliti per carrelli, carrelli elevatori, trasporto di attrezzature pesanti e movimentazione di pallet. Qual è dunque il livello di sofisticazione dell’IT che la soluzione ha in termini di regole e percorsi da un lato e di connettività per le braccia o gli altri meccanismi di sollevamento o deposito montati sugli Amr di Otto?
“Quanto all’integrazione e personalizzazione del sistema, ci sono dei livelli. Come nel caso dei tradizionali robot industriali dotati di braccia, i sistemi di interfaccia e di integrazione dei sistemi provvedono a ogni strumento necessario per ogni tipo di applicazione. Noi abbiamo creato un’interfaccia di strumenti molto simile per il settore automobilistico: questa è l’interfaccia dei percorsi“, risponde Rendall. “È progettata per gli strumenti che caricano e scaricano maniera automatizzata i materiali da un’automobile in fase di montaggio. Tornando a ciò che dicevamo sul nostro segmento di mercato, noi ci concentriamo su questo ambiente di produzione e tipicamente ci interfacciamo con macchinari di produzione automatizzati che, per esempio, stanno alla fine del processo ed produce materiali che devono essere ritirati, quindi ricevuti da un Amr e poi depositati altrove. Quanto ai vari modi con cui si può caricare e scaricare materiali da un veicolo, esistono un paio di regole molto comuni, standard, come la decisione di portare e depositare tali materiali su un nastro trasportatore o su un carrello. Nel caso delle nostre applicazioni molto specifiche, gli integratori di sistema si occupano di aggiungere gradi di integrazione molto specifici per interfacciarsi con macchinari molto specifici. Questa è la prima interfaccia”, spiega Rendall. Quella successiva è la gestione della flotta, che Otto Motors integra con il sistema di controllo della missione della flotta Amr nell’ambiente di fabbrica. “Nel nostro gestore di flotta convivono quindi due Api: una è l’Opc che si integra con il controller di fabbrica, l’altra è l’interfaccia di supervisione, quella più importante. L’altra infine è l’Api che ci consente di interfacciarci con il sistema IT di supervisione della produzione ed è un’Api standard. Queste sono le tre interfacce più importanti”.
Rockwell, che è dominante negli impianti industriali da tempo, ha ricevuto dalla sua base clienti segnali molto forti sulla necessità di automatizzare la movimentazione dei materiali. Nel frattempo, Otto stava riscontrando nel settore automobilistico e degli pneumatici un interesse e una domanda molto forte.
“Nel settore automobilistico si sta verificando una grande ondata di ristrutturazione per le batterie dei veicoli elettrici. È una grande opportunità perché si ripianificherà il segmento”, dice Gariepy. “È un momento molto interessante nell’ecosistema automobilistico. Così come Rockwell ha un intero settore dedicato all’automotive e agli pneumatici, anche noi abbiamo continuato a sviluppare e a fare crescere organicamente questo molto specializzato segmento, che già servivamo, utilizzando strategie simili a quelle implementate da Rockwell”.
Il punto d’incontro tra le due aziende è stato quindi naturale, un incrocio molto promettente per entrambe, nella nuova frontiera dell’automazione: l’automazione della movimentazione dei materiali. C’è già una base di clienti alla ricerca di nuovi modi per migliorare l’efficienza e la sicurezza, dicono i due executive. E, cosa importante, il trasporto con Amr consente di riconquistare spazio precedentemente inutilizzabile o sottoutilizzato, un aspetto fondamentale che rappresenta un reale valore commerciale.
Una nota su Clearpath: il progetto iniziale dei quattro laureati in ingegneria presso l’Università di Waterloo in Canada nel 2009, fu un dispositivo telecomandato per eliminare le mine antiuomo nei paesi dilaniati dalla guerra. L’obiettivo: “Fare la differenza con la robotica”. I valori umanitari sono ancora al centro della missione di Clearpath Robotics. Tra i loro prodotti c’è una gamma versatile di Ugv, veicoli terrestri senza equipaggio, per i ricercatori che lavorano in ambienti pericolosi o difficili. I loro robot sono costruiti per operare su terreni accidentati, neve o acqua inquinata. Clearpath collabora con organizzazioni accademiche, militari e aziendali in tutto il mondo, tra cui Nasa ed Mit. I loro sono robot mobili open source e possono essere personalizzati e adattati all’estremo. Tra questi c’è Husky, il robot e la piattaforma di riferimento per la ricerca robotica su Marte.