Curare il cancro e la talassemia ma anche rendere immuni a malattie quali l’Hiv: ecco il potenziale dei geni modificati. I ricercatori cinesi hanno tagliato il traguardo nella prevenzione. Lulu e Nana, due gemelle immuni all’Aids, sono nate “poche settimane fa”, ha spiegato He Jiankui, capo ricercatore al Sustech di Shenzen prima dell’inizio di una conferenza internazionale sul tema a Hong Kong.
L’obiettivo non era curare o prevenire una malattia, ma dotare gli embrioni di una caratteristica che pochi hanno in natura: resistenza al virus dell’Hiv. Lo scoop di domenica del MIT Technology Review ha fatto saltare molti sulla sedia.
Modificare i geni è diventato semplice dal 2012 grazie a Jennifer Doudna dell’Università di Berkeley ed Emmanuelle Charpentier, allora in Svezia e oggi al Max Plank Institut a Berlino. La loro scoperta, la Crispr, è un enzima che può essere utilizzato come “forbice” molecolare per “tagliare” i filamenti del Dna nelle colture cellulari, nelle piante, negli animali. E negli esseri umani.
“La modificazione genetica è una metodologia molto potente… Abbiamo affrontato le malattie con metodi profilattici, come i vaccini, o con medicine che le fermano, ma non abbiamo mai modificato geni nell’uomo che resteranno tali lungo le generazioni. La rivoluzione iniziata con la Crispr si sta espandendo e continuerà a farlo”. Questo in sintesi il messaggio con cui David Baltimore, premio Nobel ed ex presidente del CalTech, ha anticipato il tema del 2° Summit sulla modificazione del genoma umano iniziata ieri.
“Non abbiamo un organismo con autorità per stabilire che cosa si deve fare nei laboratori del mondo. Occorre quindi che su base volontaria lo concordiamo insieme e decidiamo se lo consideriamo giusto o sbagliato coinvolgendo persone in tutto il mondo. La speranza è che i progressi della scienza saranno disponibili per tutti dovunque”, ha concluso Baltimore prima del vertice della National Academie of Sciences statunitense.
In laboratori dalla Cina alla Svizzera, agli Stati Uniti, la Crispr, la tecnica che sostituisce i geni che forniscono a loro volta le istruzioni per le proteine, si sta applicando, tra l’altro, per modificare le cellule regolatorie T del sistema immunitario umano per migliorare la loro capacità di individuare e sopprimere le cellule cancerogene.
“È prematuro… stiamo intervenendo sulle istruzioni operative degli esseri umani, è una questione enorme”, “è incosciente… un esperimento sugli esseri umani non difendibile dal punto di vista morale o etico”, sono state alcune delle reazioni dei presenti alla conferenza.
“È giustificabile”, dice invece George Church, il noto genetista di Harvard. Assieme ai ricercatori di altri cinque centri, a Berkeley, Shanghai, Cambridge nel Regno Unito e Boston, Church è uno dei pionieri della modifica genetica. Church è a favore di interventi preventivi, e “prima s’interviene meglio è. (…) Se riusciremmo a renderla economica, estremamente sicura e molto prevedibile, la modifica genetica è il miglior sistema per la prevenzione”. È consapevole, in ogni caso, che anche se si toccano solo i geni protettivi, i miglioramenti alla specie umana “non sono mai stati visti bene“.
La polemica dilagherà. C’è solo da augurarsi che non si svolga per partito preso perché riguarda la complessità generata dalla rapidità con cui la scienza e la tecnologia procedono e altri innumerevoli fattori.
Si è saputo pochi giorni fa, per esempio, che le Nazioni Unite stanno considerando un divieto alla modifica genetica delle zanzare che diffondono la malaria, proposta dalla fondazione Bill & Melinda Gates che la vuole debellare. Diverse organizzazioni pro ambiente, invece, parlano di una “bomba a tempo” se le conseguenze sfuggissero al controllo alterando persino la catena alimentare. I casi di effetti misurabili da ogm sono noti, oltre a quelli sociali (i contadini costretti a comprare le sementi dalle società della chimica).
La malaria, tuttavia, uccide un bambino ogni 30 secondi, circa 3000 al giorno, e colpisce, con tutta la sofferenza che comporta e nelle regioni più povere del mondo, tra i 300 e i 600 milioni di persone ogni anno, stima l’Unicef, che è parte dell’Onu.
Nei secoli, l’uomo ha continuato a modificare gli organismi viventi incrociando razze animali e varietà di piante perché avessero certi geni utili – dalle mucche ai pomodori e a tutti i cereali che mangiamo, il cui 70% è stato ottenuto alterandone il Dna, seppure lentamente. Altri filoni hanno prodotto gli insetti che ora sostituiscono certi pesticidi.
La Crispr accorcia i tempi di anni, da 12 a 2-3 nel caso delle patate. In Argentina sono state ottenute patate che non si alterano nutrizionalmente quando si rovina la buccia. In Irlanda, dove la piaga delle patate è una questione economica e culturale, la ricerca è ferma dopo una recente sentenza della Corte Europea. Gli agricoltori irlandesi, e quelli europei, ora sono indietro rispetto al resto del mondo, mentre nel caso di conseguenze biologiche dalle patate ogm sarebbero comunque vulnerabili. Questo è solo uno dei problemi.
L’Hiv cagiona sofferenza e uccide dovunque, ma soprattutto laddove c’è meno medicina curativa. Ciò dovrebbe pesare a favore della medicina preventiva, come nel caso delle gemelle di Shenzen? Le domande sono infinite e dovrebbero risponderle gli esperti, le cui posizioni però vanno da un estremo all’altro, da una prevenzione drastica con manipolazione genetica e assunzione dei rischi biologici e sociali (eugenetica e simili) al diniego totale di qualsiasi alterazione del Dna, anche in piante o insetti.
Proprio per la vastità dell’argomento il rischio è che la percezione prevalga sui fatti scientifici. Per cui tutti, proprio tutti, dovremmo evitare le scorciatoie e prendere molto sul serio il dibattito (Il ricercatore cinese è ora sotto indagine dal suo stesso istituto e altri, ma forse un bebè è in gestazione).
Forse questo è un altro di quei casi in cui i passi da giganti della scienza e della tecnologia – che hanno reso fumose le frontiere geografiche e non solo – rendono poco efficaci le normative o i divieti qui o là. Che cosa costituisce qui il pubblico interesse? Quali stakeholder parteciperanno all’elaborazione di leggi? Si arriverà ad avere regioni che faranno medicina preventiva e altre solo curativa? Chi o che cosa dev’essere protetto dai rischi della modificazione genetica, le zanzare o gli esseri umani, o tutti? Chi soffrirà di più le conseguenze di queste decisioni? Chi ne beneficerà di più? Benvenuti nell’antropocene.