Il 15 settembre 2008 si è subito capito che le cose andavano molto male: i mercati perdevano il 2-3% e da New York arrivavano le immagini delle facce da funerale dei dipendenti della banca d’affari Lehman Brothers (consiglio l’ottimo e originale Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini). La quarta per grandezza negli Stati Uniti, aveva quasi tanti debiti quanto attivi ($619-639 miliardi): la sua bancarotta quel giorno, la più grande della storia, segnò il peggior crollo dopo il ’29 e l’inizio della Grande recessione.
Molte delle conseguenze sociali e politiche le paghiamo ancora, nonostante tutto l’universo dei servizi bancari attraversi una importante trasformazione – con il potente traino della financial technology (fintech), l’innovazione per i servizi finanziari.
Che differenza fanno 10 anni… Pacchi di normative – Dodd-Frank, Basel III, Mifid III – arginano la speculazione e, almeno negli Usa e nella Ue, le banche sono ben capitalizzate rispetto alle follie pre-2008. Gli esperti si sono esercitati comunque a individuare le faglie di una prossima crisi. Perché dopo anni di mercati rialzisti, politiche massicce di alleggerimento quantitativo e una ripresa economica quasi sincronizzata nel mondo, l’inflazione non vuole salire e, nonostante la bassa disoccupazione, vedi negli Usa, non crescono i salari? Quali effetti produrrebbe un rallentamento della locomotiva nordamericana, proprio mentre continua a gonfiare la spesa federale, o di quella tedesca, già a bassa redditività? E se rallentasse l’Italia, come peserebbero sulle sue banche i circa €150 miliardi di crediti deteriorati?
Su un particolare rischio quasi tutti gli economisti concordano: l’espansione del sistema bancario ombra (Sbo), vale a dire, di tutte quelle attività di società che offrono servizi bancari senza sottostare alle normative che regolano gli istituti finanziari.
“Una buona parte delle attività più oscure delle banche si sono spostate al shadow banking system“, ha detto pochi giorni fa Christine Lagard, direttrice dell’Fmi. In Europa, “alla fine del 2017, più di €42.000 miliardi – o l’equivalente del 40% del sistema finanziario europeo – erano imputabili all’Sbo” con il conseguente “rischio di contagio a causa dell’interconnessione tra i settori e all’interno dell’Sbo, sia a livello nazionale sia inter-paese”, scrivono dal Consiglio Europeo per il rischio sistemico (Esrb),
Quello del credito è uno dei settori più fiorenti del Sbo e un buon caso per osservare la crescita della quota delle fintech nei servizi finanziari – che va dalla miriade di applicazioni per i pagamenti virtuali – tra cui Apple ed M-Pesa, alle banche che acquistano startup fintech, a quelle nate nel cloud – che non hanno bisogno di fermarsi per compensare le operazioni, alle piattaforme che faranno entrare definitivamente i tech giants – Google, Amazon, Alibaba – nel settore finanziario.
Negli Usa, il credito gestito dalle fintech è cresciuto dai $72 miliardi del 2008 al $120 attuali, secondo QZ. In Cina, nel 2016, è stato di $174 a persona rispetto a una media globale di $50 a persona.
Ed ecco che spuntano di nuovo i mutui, un buon esempio dei pro e dei rischi che gli esperti vedono nella fintech. Il sistema bancario ombra è passato a gestire il 50% del mercato Usa dei mutui già nel 2015, dal 30% del 2007, e nello stesso periodo, all’interno di quel 50%, le piattaforme fintech sono cresciute di 4 volte, dal 3 al 12%, stando alle ricerche del National Bureau of Economic Research (Nber).
Nel comparto mutui, le fintech hanno dei vantaggi. Valutano meglio il merito di credito, anche grazie ad app che applicano l’intelligenza artificiale (Ai). La procedura quasi esclusivamente digitale, tende a escludere compratori di aree a più alta disoccupazione, dice la Bis. I clienti delle fintech sono disposti a pagare interessi più alti, in parte anche per la rapidità dell’approvazione. La rapidità, superiore del 20%, secondo la New York Fed, non implica più tassi di fallimento. Le fintech possono più facilmente adeguarsi a shock nella domanda. I crediti fintech potrebbero alleviare la discriminazione nella concessione di mutui verso le minoranze, secondo uno studio dell’Università della California a Berkeley. Le fintech stanno riempiendo un vuoto lasciato dalle banche e potrebbero stimolare le banche tradizionali a cambiamenti virtuosi. Il paper della NY Fed conclude che non trova “prove di una maggiore rischiosità dei prestiti fintech. Prevediamo che altri istituti di credito replichino il ‘modello fintech’ di domande elettroniche e approvazioni semi-automatizzate”… “Il risultato potrebbe essere un mercato dei mutui dominato dalle società che possono permettersi di innovare”… “L’innovazione tecnologica ha migliorato l’efficienza dell’intermediazione finanziaria nel mercato Usa dei mutui”.
In questi report si parla di fintech che, negli Usa e in Europa, hanno come modello di business: non accettare depositi, erogare crediti e cartolarizzarli, vale a dire, vendere alle banche l’incasso del capitale e i profitti degli interessi.
È proprio questa parte del meccanismo, la cartolarizzazione, che rassicura qualcuno e mette in allarme altri. Le fintech ritengono che i prestiti più piccoli abbassino il rischio e che la cartolarizzazione in tante banche differenti lo diversifichi. Inoltre, sostengono, anche i loro mutui e prestiti finiscano sotto la lente delle autorità di vigilanza del sistema bancario quando entrano nella pancia delle banche. Per altri esperti è invece la loro dispersione in tante banche tradizionali ad aumentare il numero dei canali lungo il quale il rischio potrebbe diffondersi a tutto il sistema.
E mentre si attendono nuovi dati, il boom della creatività nella fintech non si ferma: la stessa cartolarizzazione è diventata fintech. In Germania una startup offre “la cartolarizzazione di singoli asset in tempo reale, RT, come servizio alle banche, ai fornitori di credito di mercato [leggasi Sbo] e altri fornitori di credito. Collegandoli a investitori in tutta l’Europa”, la startup sta “mettendo in piedi un’infrastruttura che creerà una piattaforma dei mercati del capitale del debito paneuropea” così “plasmando il futuro di un intero settore“.
In altre parole, nessuno dovrebbe disinteressarsi di questi sviluppi. Il 2008 e i Lehman insegnano.